Meret il predestinato

FENOMENOLOGIA DI UN GIOVANE CAMPIONE

DOMANDE E PERPLESSITÀ

Sembra quasi certo l’arrivo tra i pali del Napoli del ticket udinese composto da Meret e Karnezis.

Le domande che tutti o quasi si pongono in questo momento circa la scelta di Alex Meret come portiere titolare del Napoli sono più o meno queste:

  1. Vale la pena spendere tutti questi soldi (22 milioni + 4 di bonus) per un ragazzo di 21 anni con sole 13 partite sulle spalle di Serie A per affidargli la porta che fu di un portiere esperto ed un leader come Reina?
  2. Si può mettere un ragazzo Under 21 tra i pali di una squadra che punta allo scudetto e deve fare la Champions?
  3. Non era il caso di farlo crescere ancora, mettendogli magari vicino un portiere importante a cui fare il secondo e farlo maturare così senza rischi? Magari un Cech (che ha confermato i contatti) o almeno un Sirigu?

Domande importanti, che possono avere anche una loro valenza, non discuto, e senz’altro il popolo è preoccupato che il ragazzino possa bruciarsi, le esperienze dell’ultimo anno di Gigio Donnarumma e precedentemente di Scuffet sono da monito.

Ma coloro che si pongono queste domande non tengono conto di alcuni fattori fondamentali:

1) È UN PREDESTINATO

Finalmente qualcuno (il Corriere dello Sport guidato egregiamente dall’amico Zazzaroni) ha usato la parola giusta per Meret: predestinato (v. foto).

Sì, predestinato: come Gigione Donnarumma, e precedentemente Albertosi, ed il grande Buffon, ma anche Giovanni Galli (su cui c’è molta cattiva informazione, era un gran portiere ed a Napoli ce ne siamo accorti), sin da bambini era chiaro a tutti che erano predestinati a diventare portieri importanti.

Lo stesso Dino Zoff, che ad Udine da ragazzo chiamavano “zoffa” in dialetto friulano (zuppa) per deriderlo, ha esordito ragazzo e cominciato giovanissimo la sua parabola in A con il Mantova prima di passare proprio al Napoli a 26 anni, in tempo per vincere da partenopeo con la Nazionale l’Europeo del ’68 da titolare (unico giocatore nella nostra Storia ad aver vinto Europeo e Mondiale).

E sono famosi i casi di Cabrini e Bergomi, nonché di Paolo Rossi, arrivati in nazionale minorenni o quasi, per non dire della novelle vague del dopo Germania’74 raccontato in Azzurro Tenebra da Giovanni Arpino, i vari Antognoni, Roggi, Rocca, (i terzini si persero per infortuni gravi), e successivamente Tardelli, Scirea, Gentile, tutti giovanissimi, assurti al proscenio immediatamente con le stimmate di predestinati.

Meret fa parte di questo esclusivo club, nessuno ha dubbi, si sprecano i pareri di esperti, grandi interpreti del ruolo e di addetti ai lavori sulle sicure qualità di questo ragazzone di 1,90 per 80 chili, gran fisico, classe 1997: dal grande Zoff in persona (di cui appare l’erede naturale per provenienza, assonanza nel cognome, caratteristiche tecniche e mentali), a Zenga, uno eletto tre anni di seguito miglior portiere del mondo, agli allenatori che l’hanno avuto nelle varie Nazionali giovanili, come Ferron, ex atalantino e doriano, che ha pronosticato un futuro per lui da grandissimo portiere, ritenendolo tecnicamente perfino superiore a Gigione, che è – diciamolo chiaro – un altro predestinato, e non si azzardi nessuno a metterne in dubbio le enormi qualità.

Meret è un predestinato-Rispetta lo Sport

 

 

 

 

 

 

Io poi ho la testimonianza diretta di Gigi De Canio, di cui mi onoro di essere amico, tecnico che stimo tanto, che nella sua breve parentesi ad Udine finalizzata alla salvezza dell’Udinese, ha avuto Karnezis e Meret con sé (ma all’epoca il titolare era il greco).

Alla domanda di come fosse il greco – accostato al Napoli la passata stagione per prendere il posto di Reina – lui storse la bocca, dicendo: sì, il greco buon portiere, bravo ragazzo, ottimo professionista, ma il fenomeno è alle sue spalle, per quello farei una follia. Alla fine dell’allenamento mi fermavo a guardarlo mentre continuava ad allenarsi con il preparatore dei portieri, e lo stuzzicavo verbalmente, ma vedevo che questo ragazzo aveva un carattere di ferro, personalità. Non ho potuto farlo giocare perché dovevamo salvarci, ma con me sarebbe stato titolare l’anno successivo.

Quella coppia, a ruoli invertiti, sta per sbarcare a Napoli.

E quando io dicevo, pochi giorni fa, in un’intervista radiofonica: perfetto, prendiamo Meret, il mio preferito da sempre, e mettiamogli vicino Sirigu o Cech addirittura, chi mi stava davanti scuoteva la testa in segno di diniego: era MIchele Plastino. Ad intervista finita, gli chiesi perché dissentisse, magari non era d’accordo su Meret. Lui mi sorprese rispondendomi che non discuteva la scelta di Meret, ma quella del secondo: non doveva essere uno che potesse togliere certezze al titolare designato, perché se c’è un ruolo che non ammette dubbi e concorrenza è quello di portiere.

Sono rimasto fulminato da questa osservazione e mi sono ricordato della mia esperienza di portiere, e quanto fosse vera questa affermazione, e quanto deleteria fu la rivalità tra Galli e Tancredi al Mondiale dell’86 dove Galli non giocò bene proprio perché non sentiva pienamente sua l’eredità di Zoff, già ingombrante di suo.

Ha ragione Michele, ci deve essere un portiere titolare ed una riserva chiari da subito, e se si punta su Meret titolare la riserva ideale è Karnezis, che ha già lavorato con lui, che ne conosce le doti, che non pretende il posto, ma che è ancora fresco, abile ed arruolabile, con esperienza internazionale (il greco ne ha).

E quindi vada per il ticket udinese (carissimo, tra l’altro, visto che sfiora i 30 milioni di euro).

2) MERET, NOMEN OMEN

E poi, c’è un particolare…

Sarà una sciocchezza, sarà che noi napoletani vediamo segni dappertutto, ma questo ragazzo ha il destino nel nome, anzi nel cognome. I latini dicevano appunto nomen omen.

Fateci caso, i due più grandi portieri della Storia del calcio italiano sono stati Zoff e Buffon, entrambi con un cognome che finisce in consonante.

E Campione del Mondo in panchina nell’82 c’era Ivano Bordon, portiere dell’Inter (non proprio un gran portiere però).

E se allarghiamo l’orizzonte all’estero, i più grandi portieri della storia, i primi 5 perlomeno dal dopoguerra ad oggi (ma i cognomi stranieri è più facile trovarli così), oltre i due italiani citati che di diritto entrano nella cinquina mondiale, troviamo tutti portieri il cui cognome finisce in consonante: Jascin, Banks, Maier, senza dimenticare il belga Pfaff e quello che per me è stato il più grande portiere sudamericano della Storia, non da tutti conosciuto, l’uruguagio Mazurkiewicz, che pure aveva un cognome tronco di vocale. Per non dire cha da anni il Numero Uno al mondo è Neuer, un altro che non ha vocale finale…

Se non è predestinazione questa!

3) HA CURRICULUM NONOSTANTE LA POCA ESPERIENZA

Mi fa un po’ sorridere il timore che molti manifestano sul fatto che giocare davanti ai 40 o 50 mila del San Paolo può bruciare un ragazzo con sole 13 partite di A sulle spalle. Ed a supporto citano la pessima annata di Donnarumma, che è un caso diversissimo e vi spiego perché.

Chi parla probabilmente non conosce molto di portieri e di settore giovanile, non conosce la psicologia dei ragazzi.

Vi racconto un aneddoto e vi spiego chi è Alex.

Qualche anno fa ad un torneo in Abruzzo i nostri 2003 (la classe di Giorgio mio figlio, portiere) si trovarono di fronte ad una squadra 2001. Ci fu la rivolta delle mamme preoccupate dell’incolumità dei propri figli, con mia moglie in prima fila spaventata dalle “bombe” che potessero piovere su Giorgio. Ovviamente fu motivo di litigio perché io (e sicuramente avevo torto) gongolavo, considerandola un’esperienza formativa. Gridai dagli spalti a Giorgio, che entrava in porta mentre le mamme provavano (riuscendoci) a bloccare la partita: “Giorgio, ma tu hai paura?” E lui di rimando: “Nessuna”. Io avevo già vinto, per quel che mi riguardava.

Ma un anno fa, quando si profilò l’ipotesi che Giorgio giocasse nella squadra dei 2002, non solo si oppose la mamma ma mio figlio stesso. Ed io rimasi deluso tra me e me, accettando ovviamente la sua scelta, perché ho sempre considerato più bravi quelli che giocano sotto età, in quanto crescono prima e meglio, confrontandosi con ragazzi più grandi, più maturi, più esperti, e più forti fisicamente.

La conoscete la storia di Meret?

Lui ha cominciato al paesello piccolissimo, poi l’ha adocchiato il Donatello. Ora per voi il Donatello non dice nulla, ma per chi sa di settore giovanile è come se fosse da noi il Real Casarea, il Capua, la Damiano Promotion dei tempi belli, la Mariano Keller di qualche anno fa da cui proviene Mandragora.

Oppure – per allargare gli orizzonti – la Vigor Perconti o la Tor Tre Teste a Roma, cioè quelle squadre di settore giovanili famose in Italia per fare incetta dei migliori giocatori della zona e che vincono titoli nazionali in serie. Il nostro piccolo eroe fui scelto dalla Donatello e vinse tutto, mettendosi in mostra con i suoi compagni a tal punto che l’Udinese, la squadra-faro della Regione, li travasò quasi tutti in maglia bianconera.

Ed a 15 anni il ragazzino, che era in età manco da allievi, già fu promosso in Primavera a giocarsi il posto con Scuffet, più grande di lui di due anni e pure famoso.

E naturalmente, come il compagno più grande, si è fatto tutte le nazionali giovanili, ed ha fatto pure degli stage a Coverciano con la Nazionale A per dare una mano in allenamento, sottoponendosi ai tiri dei nazionali maggiori.

E quando Scuffet ha preso il volo in prima squadra, lui divenne titolare indiscusso di una buona Udinese Primavera che batté il Milan che aveva giocatori famosi come Petagna a cui negò un gol fatto, di testa, con un volo prodigioso (se non mi credete, lo trovate su Youtube).

Tutti si meravigliarono della cessione immediata di Scuffet in Spagna, che il ragazzo rifiutò. Ma quando chiesi ad Andrea Carnevale, indimenticato bomber azzurro e da anni dirigente dell’Udinese, del perché, lui mi rispose: è bravo, ma il fenomeno è quel ragazzo che sta in Primavera, Meret. Da lì iniziai a seguirlo con attenzione.

A 19 anni l’Udinese lo ha prestato alla Spal di Semplici, neo promossa in B. Sapete che ha fatto il ragazzo, pur essendo un prestito e con la puzza di latte sulla bocca essendo un Primavera?

Si è messo sulle spalle la gloriosa maglia del club che fu del Commendator Mazza, che non vedeva la serie A da quasi 50 anni, e non solo si è preso il posto di titolare inamovibile, non solo ha salvato la Spal, ma con le sue parate l’ha trascinata in serie A! Al primo anno di professionismo.

Meret è uin predestinato-Rispetta lo Sport

 

 

 

 

 

E l’anno scorso, nonostante avesse perso gli Europei Under 21 per una maledetta pubalgia che lo ha costretto ad un’operazione, nonostante Gomis avesse fatto bene, appena in condizione si è ripreso la maglia da titolare e nel girone di ritorno, fino alla sub-lussazione alla spalla patita con la Roma, ha inanellato 13 partite consecutive da titolare mostrando sicurezza e bravura e contribuendo alla miracolosa salvezza della Spal.

E’ vero, non ha una grande esperienza di serie A, Gigione è molto più avanti di lui. Ma uno che ha saltato tute le trafile, che è in nazionale praticamente da bambino, che ai primi due anni da professionista timbra promozione e salvezza, vi pare uno che non non sia pronto per mettersi tra i pali del Napoli? Se uno è Campione, è Campione anche a ventun anni.

4) HA CARATTERE

Ma il punto principale è il carattere, tutto diverso da Gigione, che pure ha mostrato tanta personalità, avendo ancor di più bruciato le tappe nonostante sia di due anni più giovane addirittura, ma già in nazionale maggiore e con oltre 100 partite a San Siro!

Solo che Gigio ha uno zio che non lo tutela, si pensi al video del dopo parata su Milik, un procuratore che è una manna dal cielo per i guadagni che porta ma un castigo di Dio per la carriera, vedi Balotelli, rovinando la vita a questo ragazzo sovraesposto sempre mediaticamente, ribattezzato Dollarumma per l’ingaggio principesco (sei milioni di euro) e il tentennamento “resto-non resto” nel Milan. Un ragazzo così va fatto crescere serenamente, non esponendolo come fa Raiola.

Anche la vicenda dell’Esame di Stato per la maturità alle scuole superiori di Gigio è stato un affare di Stato quasi da interpellanza parlamentare: si è gridato allo scandalo per il fatto che l’anno scorso non si è presentato, quest’anno foto su tutti i giornali manco andasse a ricevere l’incarico di Primo Ministro da Mattarella.

Dell’esame di Meret non sa nulla nessuno, ma il ragazzo ha preso la maturità scientifica mai marinando i banchi di scuola e con ottimo profitto.

Ha la testa a posto, una famiglia giusta, un procuratore che non espone e non si espone, è friulano, è figlio di … Dino.

In fin dei conti il ruolo del portiere è assimilabile a quello del boxeur o dell’arbitro: la sua autostima cresce o diminuisce in base ai troppi colpi che prende come un boxeur, ed in certi casi diventa come un pugile suonato quando la squadra non lo tutela, vedi il caso dell’ultimo Taglialatela a Napoli (dopo averlo osannato, nell’anno della retrocessione gli cantavano “giochiamo senza portiere”, che cattiveria).

Somiglia all’arbitro perché l’arbitro bravo, ed il portiere bravo, non è quello che non sbaglia, ma quello che dopo l’errore sa azzerare tutto e ripartire come nulla fosse. Meret farà i suoi errori, ma tranquilli che saprà farseli scivolare addosso parando meglio di prima. Perché lui è portiere dentro.

Se uno a 15 anni va tra i pali della Primavera quando è in età di allievo (manco), quando uno respira l’odore della Nazionale insieme al biberon praticamente da sempre, quando uno diventa professionista ed è tetragono ad ogni emozione, volete che non sia pronto?

Ok, mi sono esposto.

Mi gioco la reputazione.

Massacratemi dopo, se volete.

Ma io non sono un pazzo: quando scommetto, in genere vado sul sicuro. Benvenuto, Zoff, idolo della mia infanzia e gioventù. Pardon, è Meret.

Chissà perché mi confondo…

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