Il Maradona, la pagliuzza e la trave

"Un bel tacer non fu mai scritto": la risposta del nostro editorialista allo striscione offensivo nei confronti di Umberto Chiariello. Buona lettura

“Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio», mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio?”

oppure

“Da che pulpito viene la predica”.

Umberto Chiariello è stato oggetto di uno striscione da parte degli ultrà del Napoli. Questa frangia non è riuscita a ben interpretare le parole del noto giornalista. Quest’ultimo ha replicato: “Io ho detto: che uomini siete? Non ho detto: non siete uomini. Io vi ho dato ragione sulla discriminazione che subite rispetto al resto d’Italia. Ma resto dell’idea che chi va allo stadio e non tifa se è tifoso si deve vergognare altrimenti non è vero tifoso. Allo stadio si tifa”.

Giustamente non ha mollato di un centimetro. Non era andato sul personale, ma aveva posto l’accento su cosa non andava nella presa di posizione degli ultrà. L’editoriale è stato chiaro: cari ultrà napoletani, voi subite continue discriminazioni rispetto al resto dell’Italia. Però perché andare allo stadio per non tifare? Perché rimanere muti, danneggiando così la propria squadra. Non è stata né la prima nell’ultima volta che si è verificata una tale situazione. Scenario surreale e grottesco. Basti pensare all’entusiasmo, ai cori e alle coreografie dei tifosi della Sampdoria, compagine all’ultimo posto in classifica.

Il rapporto con la società è sempre stato burrascoso. ADL ha preso di petto questa frangia di tifoseria, a differenza dell’accondiscendente Ferlaino. Gli ultrà si sono sentiti toccati e ne è sorta una guerra, dialettica e non, che va avanti da troppo tempo. Il Napoli non viene lasciato in pace neanche in un’annata in cui sta stradominando. Nessuno ha poi l’onestà intellettuale di fare un sacrosanto mea culpa a seguito di quegli striscioni issati dopo l’acquisto di Kim.

L’errore di fondo risiede nel ritenersi lavoratori stipendiati per la SSCN. Al contrario, si è tifosi come quelli degli altri settori, come quelli che vedono le partite da casa pagando un abbonamento, come quelli che pagano un abbonamento all’estero, o ancora, come i vecchi nostalgici che ascoltano le partite alla radio. D’altronde nessuno obbliga a pagare un abbonamento o un biglietto.

Certamente chi espone certi striscioni intimidatori (tra cui uno nei confronti di Spalletti) non può certo dare patenti di tifoso ad altri. Nessuno punta una pistola alla tempia per tifare una squadra di calcio. Non è stato stipulato alcun patto tantomeno alcun vincolo contrattuale con la società. Una squadra va incitata e tifata a prescindere dai rapporti con società, altri tifosi, allenatore, dirigenti, etc. Va dato amore incondizionato. Ciò si verifica in altre piazze. A Napoli si è configurata questa situazione giustappunto surreale. Una presa di posizione di tipo mefistofelico, che fa fare terra bruciata con gli altri tifosi. E, naturalmente, il 99% delle persone prende le parti del giornalista.

Vige la libertà di espressione. Il giornalista è tifoso e appassionato, grida, tifa, urla, si arrabbia, gioisce, si arrabbia, si commuove. E, soprattutto, ha diritto di esternare i propri sentimenti. La chiave di lettura dell’editoriale di Umberto Chiariello è di una semplicità estrema. “Nulla di personale, ma non posso non esprimere la mia rabbia e il mio dissenso se un certo modus operandi danneggia o infanga il Napoli”. Interpretazione personale del sottoscritto ma, conoscendo l’amico, è convinto che quest’affermazione sia quantomai vicina alla realtà.

In questi momenti bisognerebbe fare cerchio, unirsi, proporsi come fine ultimo il tifo incondizionato nei confronti di un meraviglioso gruppo che sta scrivendo la storia. Sarebbe il primo scudetto in quasi 100 anni di storia senza l’alieno Diego Armando Maradona. Uno scudetto in una stagione partita tra le peggiori premesse. Non per le scelte societarie. Scelte societarie promosse a pieni voti dal sottoscritto il quale, al contrario, in varia annate successive aveva bocciato varie decisioni e valutazioni.

Un clima purtroppo fomentato dai famosi “sfascisti”. Personaggi da social che, pur dando dimostrazione di totale incompetenza nelle valutazioni, continuano a pontificare ogni benedetta estate. Personaggi che, con illimitata faccia di bronzo, stanno ora salendo sul carro dei vincitori… salvo poi essere sgamati da pagine come Le sanno tutte. Questo contribuisce ad acuire la spaccatura tra il tifo moderato e i contestatori e sfascisti.

Tornando allo striscione, ci sarebbero stati modi e modi per esprimere il proprio dissenso all’editoriale. Naturalmente sarebbe stato d’uopo cercare un chiarimento per chiarire quello che si è rivelato un fraintendimento delle parole del giornalista. Uno striscione con “infame” e “taci” è troncare una ipotetica discussione con fare da ducetti, per non dire altro. D’altronde, sarebbe meglio guardare alla trave nel proprio occhio piuttosto che alla presunta pagliuzza presente negli occhi altrui.

A riguardo, senza esprimerci, riportiamo le parole della procura. «Capi dei gruppi organizzati hanno rapporti di parentela diretti con esponenti anche apicali della criminalità organizzata». Pertanto «porzioni dello stadio» sono «sottratte all’autorità dello Stato». Tra le attività illecite, la procura elenca «bagarinaggio, vendita di prodotti industriali contraffatti, spaccio di sostanze stupefacenti». Aggiunge la procura che tra i nemici figurano «tifoseria avversaria, forze dell’ordine, dirigenza della società calcistica, giornalisti, steward, altri gruppi ultrà appartenenti alla medesima tifoseria, tifosi occasionali» e persino «dipendenti di Trenitalia e gestori delle stazioni di servizio autostradali». E, inoltre, Oltre ai leader vi sono figure addette all’organizzazione delle trasferte, al reperimento dei mezzi finanziari, al noleggio dei pullmini, all’acquisto dei biglietti, al confezionamento degli striscioni, alla custodia del materiale atto ad offendere, dei petardi, dei razzi normalmente usati negli incidenti».

Per citare il librettista e poeta Iacopo Badoer, «Un bel tacer non fu mai scritto»…

Vincenzo Di Maso

 

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